L’aderenza è un concetto tutt’altro che astratto, ed è un tema di notevole interesse anche per la ricerca scientifica: l’efficacia di qualsiasi terapia, d’altra parte, presuppone che essa venga seguita attentamente.1
Nel caso dell’ipertensione arteriosa, per esempio, si stima che in circa metà dei casi l’assunzione dei farmaci si interrompa entro il primo anno, con un conseguente aumento dei rischi per l’individuo e dei costi assistenziali.1
Più in dettaglio, l’aderenza può essere “scomposta” in tre fasi: l’inizio, l’attuazione e il mantenimento nel tempo, meglio noto come “persistenza”.1
Il paziente deve impegnarsi, è vero, ma anche il medico deve cercare di creare i migliori presupposti e sorvegliare con discrezione il comportamento del proprio assistito.2
Numerose sono infatti le strategie che possono facilitare l’aderenza: il paziente può compilare, per esempio, un diario in cui annotare di giorno in giorno i farmaci assunti, oppure utilizzare un’app per ricordarsi la terapia o un contapillole elettronico;2 il medico potrebbe fare ricorso a questionari e prescrivere cure “semplici” (per esempio con farmaci combinati e tali da ridurre il numero di somministrazioni).1
Non mancano, insomma i metodi per promuovere e migliorare l’aderenza, ma è fondamentale adottare di volta in volta quelli più adatti a ciascun individuo.
Allo stesso modo l’aderenza richiede costanza, motivazione e consapevolezza:1 tutti “ingredienti”, questi, che devono essere continuamente alimentati e sostenuti e per i quali il ruolo del medico è imprescindibile, con l’obiettivo di ottenere il miglior risultato.
Riferimenti:
1. Vrijens B, et al. Current Situation of Medication Adherence in Hypertension. Front Pharmacol. 2017; 8:100.
2. Volpe M, et al. Il ruolo dell’aderenza al trattamento farmacologico nella terapia cronica delle malattie cardiovascolari: documento intersocietario di consenso. G Ital Cardiol 2014; 15(10 Suppl 1):3S-10S.